Dove Investono gli Italiani? Che Rendita Ottengono?

Non troppo tempo fa ti riportai un’analisi sulla cultura finanziaria in Italia. In quella sede riportai alcune percentuali su dove investono gli italiani nei mercati finanziari. Ne risultò un quadretto abbastanza opaco circa il sapere finanziario dei nostri connazionali. Per questo ho deciso di andare un po’ più a fondo per capire meglio non solo dove investiamo ma con quali criteri e modalità.

Il semplice portafoglio medio degli italiani non ci racconta tutta la storia. È importante scoprire quali sono gli obiettivi dei connazionali che investono. È importante scoprire se investono da soli o tramite consulenti finanziari. È fondamentale poi stimare se quel portafoglio medio rende, perde e/o batte il mercato.

Per tentare di dare una risposta a tutti questi interrogativi servono dati. Quindi mi sono affidato ad alcuni studi e report trovati in rete. Ecco la lista delle fonti.

Perché investono gli italiani: obiettivi

Una buona idea circa gli obiettivi di investimento dei nostri connazionali mi è stata fornita del primo studio sopracitato. Nel terzo capitolo infatti sono riportati un po’ di dati sulla finalità principale degli investimenti e sull’orizzonte temporale ottimale per valutare come gli investimenti sono andati.

Nel primo caso è incredibile come l’obiettivo principale sia la sicurezza. Il 58,3% degli intervistati ha dichiarato, come finalità principale, di voler ottenere un rendimento garantito. Nel 2011 erano solo il 23,8%. La crisi finanziaria europea sembra quindi aver lasciato agli investitori privati una certa paura di perdere i propri soldi. In generale siamo meno propensi a correre rischi. Al secondo posto troviamo liquidità (13,6%) e solo dopo rendimento di breve periodo (14,9%) e rendimento di lungo periodo (7,0%).

Nel secondo caso l’orizzonte temporale si è allungato. Visti gli scarsi rendimenti offerti dai mercati e la ricerca della sicurezza gli italiani sembrano un po’ più propensi ad accettare orizzonti temporali più lunghi. Nel 2012 il 59,2% riteneva 12/36 mesi un tempo accettabile per valutare i propri investimenti. Nel 2016 la percentuale è scesa al 53,6% (-9,4%).

Lo spunto che possiamo trarne è che gli italiani hanno subito le imposizioni del mercato. Per ottenere rendimenti sicuri hanno dovuto accettare di tenere investiti i propri soldi per più tempo.

Dove investono gli italiani: il portafoglio

Ora che avrai capito perché investiamo e con quali finalità è arrivato il momento di rispondere alla domanda più rilevante di questa analisi: dove investono gli italiani. A tal proposito, il secondo report indicato in apertura articolo, da una risposta molto diretta. Nel report viene illustrato un portafoglio moderato che, a mio avviso, è un buon indicatore vista la scarsa propensione al rischio di cui ti ho parlato nel paragrafo precedente. I dati sono stati raccolti tra l’Aprile del 2015 e il Marzo del 2016.

Dove investono gli italiani: asset allocation.A conferma della sicurezza ricercata dagli italiani, la fetta più rilevante degli investimenti è dedicata al reddito fisso (obbligazioni) con una percentuale del 41,7%. In seconda posizione ci sono invece le azioni con un 21,8% la cui maggioranza di queste è relativa ad aziende globali / europee ad alta capitalizzazione. Dopo abbiamo i fondi multi-asset con un 20,3% ovvero fondi di investimento che investono su mix di titoli (es. azioni + obbligazioni + materie prime). Il 13,0% del portafoglio è invece destinato a strumenti alternativi (di natura più speculativa). Infine il 3,2% è destinato al mercato monetario.

Il 66,7% di dove investono gli italiani è quindi destinato a strumenti tradizionali (azioni, obbligazioni, monetario) mentre il restante terzo a strumenti più strutturati. Il 41,7% dedicato all’obbligazionario conferma la bassa propensione al rischio e la ricerca di rendimenti sicuri in tempi non troppo brevi.

Come investono gli italiani: fai da te o consulenza?

Dopo averti mostrato perché e dove investono gli italiani voglio parlarti del come investono. Decidiamo in autonomia e procediamo oppure ci affidiamo a persone specializzate (es. consulenti finanziari) che ci guidano nell’elaborare una strategia di investimento? Nella terza fonte citata ad inizio articolo ho trovato risposte interessanti.

In primo luogo, il rapporto ci dice che:

  • il 24% degli intervistati ha affermato di agire autonomamente in materia di investimenti;
  • il 38% segue consigli di familiari e colleghi;
  • il 28% richiede la consulenza di un professionista;
  • il 10% delega tutto ad un esperto.

In secondo luogo, la scarsa propensione alla consulenza – scelta solo nel 38% dei casi – è data principalmente da:

  • basso capitale da investire (38%);
  • scelta di investire in prodotti semplici – es. conti deposito – per cui la consulenza non è ritenuta necessaria (28%)
  • scarsa fiducia verso gli intermediari finanziari (22%)

Il quadro che ne emerge è che preferiamo lanciarci nei mercati finanziari con il fai da te perché abbiamo poco da investire o perché non ci fidiamo del consulente finanziario di turno.

La mia opinione personale è che facciamo la cosa giusta nel modo sbagliato. Io stesso credo che affidarsi ad un consulente non sia la scelta più giusta. Le gestioni attive sono meno performanti delle gestioni passive. Però gli italiani non scelgono il consulente perché preferiscono non investire sui mercati (tenendo soldi nei depositi) o perché hanno imparato che con le obbligazioni si ottiene un rendimento nel tempo più o meno garantito.

La nostra ignoranza ci fa tenere i rischi bassi (rischi che tuttavia ogni tanto si verificano!) e, in media, ci fa stare lontani dalle fregature dei gestori. Ma non significa che questo sia un buon metodo di investimento. Anzi, non lo è proprio. Hai colto il punto? 😉

Quanto rende il portafoglio degli italiani

Dopo aver raccolto tutte queste informazioni ho fatto un po’ di calcoli. Calcoli mirati a capire quanto un portafoglio strutturato come quello presentato sopra potesse rendere. Ho scelto gli indici che rappresentessaro le asset class del portafoglio come da fonte #2 ad inizio articolo ed ho calcolato il tasso di crescita 2007-2017.

La mia stima (corretta o meno che sia) è di una crescita totale dell’8% circa in 10 anni. Tanto? Poco?

Per rispondere ho confrontato questo 8% con “il mercato” e ti riporto qua sotto varie visioni di cosa intendo per “il mercato”.

  • L’indice MSCI World è cresciuto del 23% nel decennio indicato.
  • I titoli di stato italiani (FTSE Italy Government Bond Index) sono cresciuti del 13%.
  • I titoli di stato area euro (FTSE Eurozone Government Bond Index 7y – 10y) sono cresciuti del 24%.

Assumendo che la mia stima sia attendibile pare che il portafoglio moderato degli italiani abbia decisamente sottoperformato il mercato, da (quasi) qualsiasi punto di vista lo si osservi.

Conclusioni

Sei giunto al termine dell’analisi. Dopo mille parole ecco un bel riepilogo per chiarirti le idee su dove investono gli italiani e se questi investimenti stanno portando dei frutti. Ti ricordo che le conclusioni che seguono si basano su una “media” di dati recuperati dai vari report. Ti invito a leggere i link che ho citato ad inizio articolo per una visione più approfondita dello scenario (es. in base a genere, età, professione, ecc).

  1. Rendimenti sicuri e liquidità su un orizzonte temporale di medio-breve periodo (5 anni) sono gli obiettivi primari degli investitori privati italiani. Tra le ultime priorità invece gli investimenti di lungo periodo sui mercati.
  2. La composizione del portafoglio moderato rispecchia la tendenza a rischiare poco per ottenere rendimenti predeterminabili. Oltre il 40% del portafoglio è infatti destinata al reddito fisso.
  3. Il fai da te gioca un ruolo importante nel modo di investire degli italiani mentre la consulenza non viene scelta principalmente per scarsa fiducia verso la figura del consulente. Questo scenario si riflette nel portafoglio moderato con l’alta quota di investimenti sul reddito fisso.
  4. Il portafoglio, troppo prudente, sottoperforma il mercato. Un investimento in azioni globali avrebbe reso 3 volte tanto in 10 anni nonostante il rischio maggiore. La scarsa attenzione al lungo periodo comporta per l’investitore italiano rendimenti minori.
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